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giovedì 18 giugno 2015

STATI GENERALI SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI E LA DIFESA DEL TERRITORIO

Domani 22 giugno andrò a Roma per la conferenza indicata nel titolo: è un'ottima occasione per far valere il punto di vista di chi pagherà le conseguenze del riscaldamento globale nel futuro. Infatti chi prende le decisioni oggi potrebbe non esserci nel 2050 quando io invece avrò 45 anni e il mondo che erediterò dipende da quanto verrà deciso a COP 21 a Parigi il prossimo inverno. Vediamo di fare il punto della situazione.

COP 20 (Lima) 2014

Nella diretta streaming durante COP 20 a Lima con i rappresentanti di Legambiente e del Climate network sul posto sono emerse notizie non tranquillizanti: gli impegni delle varie nazioni non sono uguali soprattutto relativamente al GREEN CLIMATE FUND. Questo fondo serve ad aiutare i paesi in via di sviluppo a industrializzarsi utilizzando le energie rinnovabili: mentre paesi non eccessivamente ricchi come la Colombia ed il Messico hanno contribuito con 2 milioni di dollari, l'Unione Europea non è stata disposta a finanziare questo progetto, anzi ha manifestato la sua contrarietà cercando di ostacolarlo.
 La svizzera si è addirittura aggiudicata uno dei titoli di fossile del giorno per la sua opposizione a qualunque finanziamento per favorire lo sviluppo di energia verde nei paesi emergenti. La classifica di 'fossil of the day     , pubblicata dal Climate Action Network Iternational, - è stata dedicata a quei paesi che hanno dimostrato l'insensibilità maggiore al problema della  crescita sostenibile dei paesi meno sviluppati.
I rappresentanti di Legambiente e del Climate network hanno inoltre lamentato l'assenza della stampa italiana: ciò è incredibile se si pensa che gli argomenti discussi siano di vitale importanza per il futuro del nostro pianeta.

 EFFETTI DEL GLOBAL WARMING

Secondo il climatecenter.org il 2015 è l'anno più caldo da un secolo: nonstante i soldi spesi dai fratelli Koch per campagne disinformative sulle reali cause del riscaldamento globale e le certezze del deputato repubblicano Chris Stewart (autore anche di una proposta per assicurarsi che scienziati indipendenti non possano più dare il loro parere all'EPA), ormai a tutti è chiaro che il riscaldamento globale è un problema serio. Se non bastasse il report 2014 del IPCC , la probabilità che il riscaldamento globale sia un caso è 1 su 27.000.000.
Il riscaldamento globale causa due conseguenze fondamentali: lo scioglimento dei ghiacciai, il conseguente pericoloso innalzameno delle acque e l'aumento delle precipitazioni.
Lo scioglimento dei ghiacciai è un problema serio: questi contengono CO2, che liberato nell'atmosfera contribuisce all'effetto serra. Tre esempi recenti sono i ghiacciai in Alaska (dove tra il 2003 e il 2010 si sono sciolte ben 360 gigatonnellate di ghiaccio) parte della calotta antartica e il ghiacciaio Quelccaya in Perù. Non si scherza neanche con le precipitazioni: il loro aumento (dovuto all'incremento di calore e al conseguente innalzamento del livello di vapore acqueo presente nell'aria) causerà disatri naturali di dimensioni immense.

PROBLEMI DA AFFRONTARE A PARIGI

Attualmente i vari stati hanno livelli di emissioni molto diversi che cambiano attraverso il tempo. Ad esempio l'Europa nel 1900 produceva  il 19% delle emissioni globali, mentre nel 2015 produce meno del 10%; al contrario, la Cina, che nel 1990 produceva l'11% delle emissioni globali nel 2015 è responsabile del 25% delle emissioni globali, quindi 1/4 del totale del pianeta e 2 volte e mezzo quanto produce l'UE. Questi dati sono stati resi noti da Rutelli al Convegno 'Parigi clima 2015' organizzato dalla Fondazione  Centro per un futuro sostenibile tenutosi il 30 aprile scorso alla Camera dei Deputati. Rutelli, Presidente della Fondazione, ha descritto i rischi, le sfide del COP 21 e le proposte italiane. I principali ostacoli per Parigi 2015 sono costituiti dalla richiesta da parte di paesi in via di sviluppo di poter inquinare per crescere, la difficoltà nel confronto dei  risultati dei monitoraggi de CO2 prodotto da ogni paese, perché sistemi di monitoraggio e i meccanismi di verifica non sono omogenei o verificabili,  e la non puntualità nella comunicazione di dati sulle emissioni.
Due sono le sfide principali da affrontare a COP21: la conciliazione della costosa e immediata necessità della decarbonizzazione con i suoi vantaggi visibili solo a medio termine (una soluzione potrebbe essere la "Green Economy") e la necessità di rendere noti a tutti gli obbiettivi sul clima (per coinvolgere le persone). Quest'ultimo dovrebbe essere il compito dei giornalisti.
Le soluzioni proposte sono tre: leggi più efficaci, eliminazione di alcuni composti chimici che causano 18% delle emissioni CO2 e possono essere dismessi facilmente, e, infine, favorire gricoltura sostenibile e più spazi verdi diminuendo lo spreco alimentare (ed emissioni connesse che EU = 250 milioni tonnellate/anno)

Un altro ostacolo  preoccupanti per il controllo delle emissioni è costituito dalla duplicazione dei certificati CDM o Clean Development Mechanism permette alle imprese dei paesi industrializzati che  debbono rispettare dei limiti di emissione di realizzare progetti per ridurre le emissioni di gas serra nei paesi in via di sviluppo che non hanno vincoli di emissione. Le emissioni evitate da realizzazioni di progetti generano crediti di emissioni o CER (Certified Emission Reductions): che possono essere utilizzati per rispettare gli impegni presi oppure possono essere venduti.

I certificati fanno sì che le emissioni gas serra vengono trattate come prodotti da commercializzare: invece di diminuire gli inquinanti si comercializzano. Un'azienda può continuare ad inquinare in patria acquistando quote di emissione dove non vengono prodotti inquinanti o ne emette poche. Senza una reale diminuzione di inquinanti si continua ad inquinare.


INCOERENZE ITALIANE

Mi chiedo come si concili un atteggiamento di riduzione di CO2 con investimenti pericolosi per ambiente come uso tencologia air-gun per cercare combustibili fossili in più di 30.000 km quadrati approvata il 3 di giugno: decisione presa dal nostro Ministero dell'Amibiente

Altrettanto incomprensibile è che l'Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas e il Servizio Idrico abbia diffuso un documento cheriguarda la riforma delle tariffe elettriche domestiche. Tale documento prevede  una tariffa uguale per tutti più alta di quella attule; questa proposta, oltre ad essere contraria alle disposizioni europee (quindi espone l'Italia a multa per infrazione) non ha senso, perché penalizza chi vuole rispoamiare enrgia (per esempio ha investito in elettrodomestici a basso consumo) infatti rende inutile il risparmio energetico, fa diventare troppo costosa l'energia autoprodotta (perché no consente più la riduzione di oneri attuale), e scoraggia gli investimenti in tecnologie verdi. La bolletta diventerebbe dal 10 - 30% più cara e tutto ciò perché AEEGSI (Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas e il Servizio Idrico) vuole garantirsi un guadagno mensile sicuro.

CONCLUSIONE
 
Le sfide da affrontare a Parigi sono molte e serie: la duplicazione dei certificati del Clean Development Mechanism, è un esempio dell’assurdità a cui si può arrivare per mantenere il proprio profitto. Il problema di fondo è proprio la corsa sfrenata al guadagno che impedisce di accettare il costo immediato della decarbonizzazione per un vantaggio climatico a medio o lungo termine. Sono la green economy e investimenti per produzione di prodotti cradle to cradle  la via da seguire. Spesso nel nome del profitto si è accetta di tutto, oggi, però, siamo a un punto in cui è in ballo la sopravvivenza della specie umana. Mi auguro che, sia per la mia generazione che per quella future, si abbia il coraggio di prendere decisioni forti in modo da evitare di arrivare a un punto in cui, come ci ricorda un proverbio indiano, “When the last tree is cut, the last fish is caught, and the last river is polluted; when to breathe the air is sickening, you will realize, too late, that wealth is not in bank accounts and that you can’t eat money.” 







domenica 11 gennaio 2015

PERCHE' NOI NO?



È possibile per il cittadino comune avere informazioni comprensibili in tempo reale sulle conseguenze della qualità dell’aria respirabile per la salute, entro una zona di massimo  50 km da dove gli interessa, senza che questo servizio di pubblica utilità costi una fortuna? In diversi paesi nel mondo e in Europa sì, qui in Italia, purtroppo no!

La normativa dell’unione europea ha determinato gli standard per la valutazione dei maggiori inquinanti atmosferici e vi ha incluso i valori di biossido di zolfo (SO2), ossidi di azoto, (NOx) e biossido di azoto (NO2) (entrambi si formano per reazione chimica dal contatto di NO nell’atmosfera), polveri fini, (PM – specialmente PM2.5 e PM10), i composti organici volatili o COV (di cui è fissato un limite solo per il benzene - C6H6 e benzo(a)pirene - B(a)P), monossido di carbonio (CO),  e ozono, (O3 – che non dipende dall’inquinamento umano ed è molto forte nel periodo estivo), più tutta una serie di metalli pesanti (es. piombo, arsenico, cadmio, nichel).

La valutazione dell’inquinamento atmosferico, che determina l’impatto dell’inquinante sulla salute di uomini e ambiente, dipende sia dalle emissioni che dalle immissioni: le immissioni sono costituite dalla presenza di inquinanti atmosferici nell’aria indipendentemente dalle fonti di emissioni, ovvero quelle fonti che rilasciano nell’atmosfera gli inquinanti primari, che a loro volta, producono gli inquinanti secondari. La valutazione delle emissioni inquinanti, se si eccettuano quelle presenti sulle strade più trafficate (sorgenti lineari) quantificabili in modo preciso, è basata su questionari e stime, per quanto riguarda le aziende (sorgenti puntuali), e su dati statistici per tutte le altre fonti (non puntuali o non lineari).  L’inquinamento risente anche della morfologia del territorio, soprattutto della presenza di montagne, del clima e delle correnti d’aria: queste ultime mettono in crisi le modellizzazioni con cui si vanno ad estendere in zone non coperte da rilevatori le proiezioni di inquinamento, come dimostra un recente studio della regione Trentino Alto Adige (http://www.provincia.bz.it/agenzia-ambiente/download/0.Valutazione_IT_defi.pdf). Lo stesso studio rileva come gli inquinanti che negli ultimi anni hanno fatto registrare un trend sopra alle soglie previste dalla UE siano PM10, NO2, O3 e BaP.

Mentre in Europa si misurano le quantità di inquinanti nell’aria, in America ed in molte altre parti  del mondo si usa un indice AQI, o Air Quality Index, individuato dall’EPA, Environmental Protection Agency (http://www.airnow.gov/index.cfm?action=aqibasics.aqi) che si concentra sugli effetti sulla salute prodotti dalla respirazione di alcune ore di aria inquinata: tale indice è stato calcolato tenendo conto dei 5 maggiori inquinanti indicati nel Clean Air Act ovvero l’ozono a livello del suolo, l’inquinamento da PM, il monossido di carbonio e il biossido di zolfo e il biossido di azoto. Inoltre per rendere più facilmente comprensibile a tutti la pericolosità dell’inquinamento per la salute, che è il valore più direttamente interessante per il cittadino, tale indice è stato diviso in sei livelli di pericolosità a cui corrispondono colori diversi.


Un valore da 0 a 50 corrisponde a un livello di qualità dell'aria buono ed è simboleggiato dal colore verde; un valore da 51 a 100 rivela aria di qualità moderata, è indicato da colore giallo ed è il limite per lo standard salutare della qualità dell'aria; da 101 in poi, a mano amano che il colore diventa più scuro (passando dall'arancione, al rosso vivo, al viola e infine al rosso scuro) i rischi per la salute diventano sempre maggiori ed estesi a tutta la popolazione, come mostra la tabella delle conseguenze dell’inquinamento qui sotto.





Durante la conferenza ‘Better Air Quality’ (http://baq2014est.org/)  tenutasi a Colombo, Sri Lanka, lo scorso novembre,  co-organizzata dal ministro dei trasporti e dal Ministro dell’Ambiente ed Energie Rinnovabili dello Sri Lanka, dal Ministro Ambiente del Giappone, dal Centro per lo Sviluppo Regionale dell'ONU e da Clean Air Asia per trovare soluzioni al problema dell’inquinamento nei paesi asiatici, la aqicn.org (http://aqicn.org/contact/), un team cinese composto da giovani esperti appartenenti a diversi settori come  ingegneria, design, tecnologie dei Sensori e linguistica,  ha utilizzato proprio la tabella dell’EPA basata sull’indice AQI, che descrive appunto le implicazioni dei vari livelli di inquinamento sulla salute umana, per realizzare una mappa mondiale interattiva in tempo reale della pericolosità dell’aria (http://aqicn.org/map/). 

La proposta dell’aqicn.org per migliorare la misurazione della qualità dell’aria usando sensori a basso costo, preparata  per la Conferenza del novembre 2014 (http://aqicn.org/aqicn/view/faq/images/baq2014/aqicn-affordable_aqi_sensors-baq2014.pdf), nasce proprio dalla necessità di fornire informazioni ai cittadini in merito alla qualità dell’aria che respirano e dalla possibilità, così facendo, anche di ottenere statistiche nel tempo per confrontare la situazione in posti diversi.

La novità della proposta dell’aqicn.org  è che, oltre a misurare tutti e sei i più comuni inquinanti dell’aria, ovvero  PM2.5, PM10, O3, NO2, SO2 e CO, tiene presente che  il PM2.5 è il peggiore  tra di essi – se si eccettua l’O3 d’estate (per ridurre il quale non si può agire sul controllo di fonti di emissione in quanto questo composto dipende esclusivamente dalla situazione atmosferica) e che i suoi valori son ben distinti da quelli del PM10.
Non tutti gli inquinanti, infatti, hanno tossicità uguali ed il PM2.5, per il quale in Italia sono stati introdotti dei limiti solo nel 2010,  si sta sempre più confermando come un killer tanto invisibile quanto pericolosissimo a causa della dimensione ridottissima delle particelle che  lo compongono e che si depositano con facilità in vari tessuti umani come quello polmonare e nel circolo sanguigno portando moltisseime gravi malattie non ultime quelle cardio-vascolari (http://www.medical-reference.net/2014/01/new-study-linked-pm-with-heart-attack.html). Non è un caso, infatti che, per determinare l’Indice di Performance Ambientale (EPI-Environment Performance Index) di un paese relativo alla qualità della sua aria, il PM2.5 sia stato scelto come unico valore rappresentativo per l’aria in ambienti esterni (http://epi.yale.edu/our-methods/air-quality). 

Nonostante secondo l’Organizzazione Sanitaria Mondiale (WHO)  questo inquinante non debba superare la  quantità di 10 microgrammi per metro cubo (10 µg/m3 media annuale) (http://whqlibdoc.who.int/hq/2006/WHO_SDE_PHE_OEH_06.02_eng.pdf),  l’unione europea ha  ben pensato di fissare questo limite a più del doppio innalzandone la quantità tollerata a 25 µg/m3 (http://ec.europa.eu/environment/air/quality/standards.htm): per fortuna il trend italiano, anche se al di sopra dei valori di sicurezza, sembra in diminuzione, infatti è passato dal 17,57 µg/m3 del 2000 al 13,34 µg/m3 del 2012 (http://epi.yale.edu/epi/issue-ranking/air-quality.

Per risolvere il problema causato dal fatto che molte stazioni di monitoraggio in Asia non riportando la quantità PM2.5  ma solo quella del PM10 dando così informazioni non veritiere e migliori rispetto alla reale qualità dell’aria, la aqicn.org ha determinato un’equazione che sfrutta la correlazione tra questi due diversi tipi di polveri sottili di modo che, in condizioni normali, il PM2.5 possa essere dedotto dalla misurazione del PM10 grazie alla scala di conversione qui sotto.
 
In condizioni atmosferiche normali, ovvero quando non vi sono forti venti che trasportano grosse quantità di PM10 che falserebbero i valori dell’equazione di corrispondenza, tale tabella è affidabilissima per calcolare la reale quantità di PM2.5 e quindi la reale qualità dell’aria; in condizioni di venti molto forti, invece di procedere ad un upgrade delle stazioni di rilevazioni esistenti – che richiederebbe molto tempo e sarebbe comunque molto dispendioso – si potrebbero usare dei contatori di particelle a basso costo.

Sulla mappa interattiva mondiale proposta da aqicn.org purtroppo l’Italia è uno dei pochissimi stati europei privo di qualunque dato immediatamente comunicativo in merito alla pericolosità della qualità dell’aria per la salute: per conoscere la ragione di tale assenza ho scritto al team aqicn.org, ma per ora non ho ancora ricevuto alcuna risposta forse perché, come spiegano sulla pagina di contatto, il tempo medio di attesa per un riscontro è di circa un mese. Comunque, visto che la  normativa italiana prevede che tra i compiti delle regioni, oltre alla valutazione della qualità dell’aria, alla definizione dei piani a breve per ridurre il rischio di inquinamento, al risanamento delle zone non a norma, e a misure di mantenimento delle condizioni di aria buona ove queste si verifichino, c’è non solo il dovere di tenere informato il ministero, ma anche quello di tenere informati i cittadini, sarebbe interessante poter usufruire di tale mappa affinché questo obbligo sia adempiuto in maniera chiara e puntuale.